Nel diciannovesimo secolo il farmacista francese Antoine Béchamp convinto sostenitore della teoria del pleomorfismo batterico, secondo la quale i batteri cambiano costantemente forma e non sono la causa, ma, piuttosto, il risultato della patologia, dimostrò che tutte le cellule di piante e animali contengono piccole particelle proteiche, da lui denominate microzimi. Secondo la teoria del pleomorfismo batterico, i microzimi sarebbero parte indistruttibile di tutti gli esseri viventi sia uomini che animali o piante, e sarebbero una forma di transizione tra la materia vivente e quella non vivente. In seguito a stimoli specifici, i microzimi possono diventare batteri dotati della capacità di indurre processi di putrefazione e fermentazione e, pertanto, secondo questa teoria, l’origine di ogni evento patologico risiederebbe nell’organismo stesso.
Günther Enderlein, zoologo ed entomologo, riprendendo questi principi, affermò che tutti gli organismi sono infettati da forme primitive di microrganismi indicando in
particolare miceti, come Mucor racemosus e Aspergillus niger, che, assorbiti in forma colloidale, vanno incontro a trasformazione verso forme più complesse, patogene per l’uomo. I microrganismi (batteri, funghi) in forma colloidale, in presenza di uno stato di immunità alterato e di un disequilibrio della flora normalmente presente, attuano il proprio ciclo vitale nell’intestino e, una volta raggiunta la forma matura, passano poi nel sangue e nella linfa.
Enderlein mise a punto una metodica terapeutica denominata terapia isopatica partendo dall’osservazione che nella materia vivente sono presenti microrganismi cellulari che, a seconda del terreno cellulare in cui vivono, svolgono una funzione saprofita benefica per l’organismo o possono, in seguito a stress o ad altre anomale sollecitazioni, diventare patogeni. Tale approccio terapeutico proposto da Enderlein prevede la reintroduzione di forme innocue di questi simbionti (definite forme a bassa valenza) per riportare in equilibrio l’alterazione della simbiosi e di conseguenza il quadro sintomatologico.
Questa tipologia di intervento terapeutico pur presentando vaghe analogie con l’omeopatia, si differenzia da quest’ultima soprattutto per il fatto che, mentre l’omeopatia si basa sulla prescrizione a un individuo malato di un rimedio che ha determinato sintomi simili in un gruppo di volontari sani, la terapia isopatica prevede la somministrazione di una sostanza o agente infettivo potenzialmente induttore di una patologia, con l’obiettivo di curare questa stessa o di prevenirla.